Arriva dalla Sampdoria nell'estate del 1989, quando la Roma si appresta alla rifondazione, dopo il disastro dell'anno appena finito.
È un terzino dai piedi discretamente educati, che sa applicarsi in marcatura senza risultare troppo falloso e non butta via il pallone, se non costretto.
All'inizio sembra che sia sul punto di imporsi, poi, però, finisce progressivamente per essere emarginato, anche se nessuno sa spiegarsi il perché.
Il suo rendimento, infatti, difficilmente va sotto la sufficienza, anche se difficilmente raggiunge vette elevatissime. Forse il suo unico torto è quello di spingersi raramente all'attacco e questo, in un momento in cui vanno di moda i terzini volanti, alla Di Chiara per intenderci, diventa un vero e proprio tallone d'Achille.
Rimane a Roma per tre anni, senza mai alzare la voce, per poi essere ceduto.