In un resoconto del Littoriale, relativo ad una partita giocata dal Legnano a Testaccio, contro la Roma, nel 1930, viene incensato dal cronista come portiere "felino nello scatto, ferreo nella presa e superbo nella posizione, anche se eccessivamente teatrale".
È un commento che fotografa alla perfezione Rotondi. Che gioca tutta la sua carriera nella squadra della città in cui è nato.
E la prestazione di quel giorno, non è una felice eccezione, anzi.
Ha anche una discreta continuità, anche se quella tendenza alla spettacolarità, a volte lo tradisce e lo spinge all'erroraccio. Del resto, il portiere dell'epoca è un guascone e un narcisista, uno che gioca per sè e per il pubblico, che molto spesso, colpito nell'immaginazione, ne fa un vero e proprio beniamino. E poi, ci vuole un gran coraggio per buttarsi tra i piedi di attaccanti che non hanno alcuna remora a colpire quel pazzo che osa frapporsi tra loro e la rete.
Dopo otto tornei in cui ha dato il meglio di sè, nel 1933-34 si trasferisce a Roma rimanendo ai margini della Prima Squadra e disputando solo alcune amichevoli.