Terzino durissimo nei contrasti, si fa notare il 4 maggio del 1930, quando, dopo averlo minacciato a più riprese, spacca con una entrata assassina tibia e perone al povero Janni. Proprio l'agonismo senza limiti (e la rabbia che a volte lo fa trascendere) sono il suo marchio di fabbrica.
Formatosi nel Brescia, diventa in breve uno dei migliori difensori del nostro calcio, anche se si trova sbarrata la strada della Nazionale da una serie di fuoriclasse come Rosetta e Monzeglio, dei quali non vanta la maestria tecnica.
Dopo una lunga serie di campionati ad altissimo livello, la Roma lo preleva dalle rondinelle nell'estate del 1932.
A Roma gioca per due stagioni ed entra subito nelle grazie dei tifosi per quella sua rabbia agonistica che ne fa un testaccino ad honorem.
Bravo negli anticipi e nel gioco aereo, quando si attacca all'avversario diretto, è difficile che questi gli sfugga e se succede, non si fa eccessivi scrupoli nel ricorrere al fallo.
Nella seconda stagione, comincia però a dare i primi segni di usura (è ormai avviato verso la trentina), e al termine della stessa la società decide di spedirlo altrove.